Un film di Gianluca D’Elia
Durata: 4 minuti
Genere: Documentario | Informazione | Arte

Tra i creativi più di spicco della scena italiana tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, il fashion designer Walter Albini è stato recentemente protagonista della mostra Walter Albini. Il talento, lo stilista al Museo del Tessuto di Prato. L’omonimo documentario – in onda su Sky Arte, in prima visione, sabato 19 ottobre alle 21:05 – porta lo spettatore alla scoperta della rassegna, attraverso l’approfondimento dei tessuti, degli abiti e degli accessori da lui disegnati. Ad accompagnarci nel percorso sono le curatrici Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini, che raccontano il lungo lavoro di ricerca che hanno intrapreso per ricostruire la storia e la carriera di questo pioniere del "Made in Italy".
Raccontare la moda non è mai semplice. Ma quando si tratta di un personaggio come Walter Albini, lo stilista che ha ridefinito il concetto stesso di eleganza e creatività italiana tra gli anni Sessanta e Ottanta, allora tutto diventa stimolante, quasi necessario.
Il mio documentario per Sky Arte, andato in onda il 19 ottobre alle 21:05, è nato proprio da questa necessità: quella di restituire con immagini e suoni la forza visionaria di Albini, ma anche l'intensità quasi fisica degli oggetti esposti nella mostra Walter Albini. Il talento, lo stilista, ospitata dal Museo del Tessuto di Prato.
Fin da subito ho deciso di evitare qualsiasi voce narrante. Volevo che fossero gli oggetti e le curatrici a parlare. Abbiamo quindi costruito una narrazione fatta di inquadrature intime, di dettagli su tessuti, bozzetti, riviste, abiti, illuminati come fossero reliquie contemporanee. Ogni elemento esposto è stato trattato con rispetto, quasi come se avesse una vita propria.
Mi sono mosso lentamente tra le sale del museo, cercando la luce giusta, l’angolazione che permettesse di raccontare non solo l’abito, ma l’atmosfera che lo circondava. Il mio obiettivo era quello di restituire il silenzio della ricerca, il tempo sospeso della memoria.
Il cuore del documentario sono le interviste a Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini, le curatrici della mostra. I loro racconti non sono semplici spiegazioni: sono tracce d'affetto, ricordi di studio, gesti di restituzione verso un uomo troppo spesso dimenticato.
Le ho filmate mentre si muovevano tra le sale, accanto ai manichini, davanti alle bacheche. Nessuna costruzione rigida, nessuna posa forzata: volevo che si sentissero a casa, come se stessero svelando il dietro le quinte di un’opera d’arte collettiva.
Realizzare un documentario di 4 minuti può sembrare un lavoro semplice. Ma in così poco spazio bisogna scegliere con precisione chirurgica cosa mostrare, dove soffermarsi, quando lasciare spazio al respiro. È un esercizio di sintesi, ma anche di poesia.
Ogni secondo è stato pensato per trasmettere emozione e informazione insieme, senza appesantire lo spettatore, ma portandolo dentro una storia fatta di stoffe, sogni, e visioni.
Questo progetto è per me più di un semplice film breve. È un piccolo atto di omaggio a chi ha saputo anticipare i tempi, rompere le regole, e costruire un immaginario ancora oggi attualissimo.
Poterlo raccontare con il mio linguaggio – quello delle immagini – è stata una grande occasione, ma anche una responsabilità.
Spero che chi guarderà questo documentario possa sentire la stessa bellezza e delicatezza che ho sentito io mentre lo giravo.

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