Un film di Gianluca D’Elia
Durata: 4 minuti
Genere: Documentario emotivo | Visual diary | Racconto di provincia

Un ritratto visivo dei giovani della Val d’Enza, tra desiderio di fuga e radici profonde. In una provincia dal tempo dilatato, fatta di spazi vuoti e silenzi condivisi, il video indaga il legame tra territorio e identità, esplorando cosa significhi crescere in un luogo che appare provvisorio, ma lascia segni indelebili.
Ho sempre pensato che la provincia sia un luogo che ti cresce dentro senza chiedere permesso. Non fa rumore, non ti impressiona con la velocità o con lo spettacolo. È lì, costante, a volte soffocante, a volte dolcissima. È fatta di strade che conosci a memoria e di spazi vuoti che cambiano solo con la luce.
Da qui è nato "Giovani in Val d’Enza", un breve documentario visivo presentato nel circuito OFF di Fotografia Europea 2025, all'interno della mostra di Galileo Rocca.
L’idea è nata da un’urgenza: raccontare un sentimento. Quello che provano molti giovani che vivono qui – un misto di appartenenza e inquietudine, affetto e voglia di scappare.
Un luogo che ti forma anche mentre sogni altro.
Il progetto è un work in progress, perché la provincia cambia lentamente, e ogni stagione ha un volto diverso. Ho deciso di raccontarla con le immagini e con le voci di chi la vive ogni giorno: ragazze e ragazzi della Generazione Z, sospesi tra il desiderio di evasione e la costruzione di un’identità dentro i confini di un posto che, a volte, sembra troppo stretto.
Abbiamo girato in primavera. Ho scelto una fotografia morbida, naturale, dove la luce entra nei dettagli e nei gesti quotidiani. Le location non sono scenografie, ma luoghi realmente vissuti: un campo dietro casa, una fermata dell’autobus, una stanza con i poster sul muro. Ogni scena è pensata per evocare un ricordo, una sensazione.
Le voci, raccolte attraverso brevi interviste, sono sincere, fragili, mai forzate. Hanno il suono tipico di chi cerca di mettere in ordine i propri pensieri per la prima volta.
Il montaggio è stato come costruire un diario visivo: volevo che il film si muovesse come un ricordo, non in modo lineare, ma per associazioni.
Ci sono silenzi, respiri, rumori di fondo che ho voluto lasciare per non tradire la realtà. Nessuna voce narrante, solo l’autenticità dei ragazzi e delle immagini.
In fondo, questo progetto è una lettera d’amore e di conflitto verso la vita di provincia in cui sono cresciuto anch’io. È un’indagine sullo spazio e su come ci abita dentro, sulla bellezza nascosta nei margini, sui legami invisibili tra le persone e i luoghi, fatto di ascolto, sguardo e rispetto.

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